| PROCURA GENERALE presso la Corte di Appello di 
            Ancona 
 
 A S.E. 
                             Il 
            PROCURATORE GENERALE 
 
 
            
            
              
              
                | OGGETTO: | Parere sull'attribuibilità 
                  della qualifica e delle funzioni di polizia giudiziaria alle 
                  guardie ecologiche volontarie zoofile della Provincia di 
                  Pesaro e Urbino. Riferimento a prot. n. 205 del 30 gennaio 
                  2007  |  
 È 
            stata nuovamente sollevata la questione circa l'attribuibilità della 
            qualifica e delle funzioni di 
            ufficiale o agente di polizia giudiziaria alle guardie zoofile 
            volontarie, munite di decreto di riconoscimento a guardia 
            particolare giurata, rilasciato dalla 
Prefettura. Come è noto, con nota del 14 maggio 2004, questa 
            Procura Generale si è pronunziata negativamente sulla 
            medesima questione riguardante le guardie ecologiche volontarie (il 
            quesito era stato posto in termini generali) per il decisivo rilievo 
            che, trattandosi di materia riservata dalla Costituzione (art. 117, 
            comma secondo, lettere H) e L)) alla competenza statale, solo una 
            disposizione ad hoc in materia di giurisdizione e di norme 
            processuali, come quella (fondamentale) contenuta nell'art. 
            57 c.p.p., può attribuire ad un soggetto, pure investito dei poteri di vigilanza e 
            di controllo, la qualifica di ufficiale o agente di polizia 
            giudiziaria e le correlative funzioni. In difetto di una norma 
            siffatta, le guardie volontarie (anche quelle munite della qualifica 
            di guardia giurata e, come tali, pubblici ufficiali) non sono agenti 
            di polizia giudiziaria. Nella nuova richiesta di parere, traendo spunto dalla mancata 
            convalida del sequestro di un richiamo elettromeccanico di uccelli 
            migratori, si fa specifico riferimento alle guardie ecologiche 
            volontarie del Servizio Caccia e Pesca e vengono evidenziate (ed 
            allegate) alcune diverse interpretazioni che tendono a riconoscere 
            in capo alle guardie particolari giurate le qualifiche di pubblici 
            ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria al momento del loro 
            intervento per reprimere un reato. La 
            premessa, comune a tali orientamenti, consiste nel ritenere che, a prescindere 
            dall'investitura formale o nominale, la qualifica di agente 
            di polizia giudiziaria spetti 
            ai soggetti che, in virtù di disposizioni normative vigenti, 
            svolgono in tutto o in parte compiti riconducibili all'art. 55 
            c.p.p. In altri termini, l'attribuzione della qualifica sarebbe 
            conseguenza diretta non 
            già di una formale investitura del codice di rito o di leggi 
            speciali, bensì delle 
            funzioni che il personale è 
            chiamato a svolgere, allo specifico fine di esercitare i 
            compiti di vigilanza e di controllo loro generalmente affidati in 
            ambito regionale o provinciale. Tali 
            orientamenti si pongono in contrasto con insuperabili principi di 
            rango costituzionale. In 
            primo luogo, come si è detto, le Regioni e gli altri enti territoriali sono privi di 
            competenza in materia per espressa previsione costituzionale (il 
            richiamato art. 117, comma secondo lettere H) e L)) e far dipendere 
            la qualifica di agente di polizia giudiziaria dai compiti in 
            concreto affidati alle guardie volontarie dagli Enti territoriali 
            equivale, nella sostanza, ad eludere il principio della riserva di 
            legge statale. Inoltre, interferendo i compiti affidati alle guardie 
            volontarie sui diritti fondamentali delle persone tutelati dalla 
            Costituzione (articoli 13 e ss.), non sono praticabili 
            interpretazioni né analogiche 
            né estensive operando, proprio in considerazione della possibilità di incidere su tali 
            diritti, una (altrettanto) rigorosa riserva di 
            legge. È da 
            escludere, pertanto, che le guardie ecologiche volontarie, 
            qualunque sia il settore di 
            loro competenza, possano esercitare i poteri autoritativi 
            attribuiti dall'art. 55 c.p.p. agli ufficiali e agli agenti 
            di polizia giudiziaria, 
            rispetto ai quali (come già sottolineato nella nota del 14 maggio 
            2004) le stesse hanno solo 
            funzioni sollecitatorie e di collaborazione subordinata (o 
            servente). Va 
            ricordato che la Corte Costituzionale: con 
            la sentenza n. 88 del 1987, ha dichiarato l'illegittimità 
            costituzionale del secondo comma dell'art. 6 della legge della 
            Provincia Autonoma di Trento 
            in data 26 luglio 1973 n. 18 (Norme per la disciplina della raccolta 
            dei funghi), nella parte in cui si attribuiva alle guardie 
            ecologiche volontarie il potere di intimare l'apertura di 
            mezzi di trasporto, che costituiscono luoghi di privata dimora;  con la sentenza n. 313 del 2003, ha dichiarato 
            l'illegittimità costituzionale 
            degli articoli 1, commi 2 e 3; 2, comma 5 (nel testo 
            sostituito dall'art. 1, comma 3, lettera b), della legge della 
            Regione Lombardia n. 4 del 2002), e 4, comma 3, della legge della 
            Regione Lombardia 12 gennaio 2002, n. 2 (Istituzione del Corpo 
            forestale regionale), nella parte in cui la qualifica di ufficiale o 
            agente di polizia giudiziaria, a norma dell'art. 57 del codice di 
            procedura penale, era riconosciuta al personale del Corpo forestale 
            regionale per lo svolgimento dei compiti di vigilanza e controllo 
            previsti dall'art. 2. D'altra parte, l'art. 57, comma terzo, del nuovo codice di 
            procedura penale, riconoscendo 
            la qualifica di polizia giudiziaria anche alle persone cui le leggi 
            ed i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'art. 
            55, evidenzia la 
            necessità di tener conto delle leggi statali disciplinanti le specifiche 
            materie, alle quali occorre fare riferimento. In 
            siffatto contesto normativo, deve ritenersi che, anche per le 
            guardie ecologiche volontarie zoofile, il problema debba essere 
            risolto proprio partendo dalle leggi che espressamente attribuiscono 
            la qualifica di polizia giudiziaria solo ad alcuni soggetti, 
            mentre ad altri riconoscono il più lato potere di vigilanza e 
            di segnalazione di infrazioni. Le 
            leggi da prendere in 
            considerazione sono: la legge 11 febbraio 1992, n. 157, detta anche 
            legge-quadro sulla caccia, e la legge 20 luglio 2004, n. 189, 
            recante “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli 
            animali, nonché di 
            impiego degli stessi in combattimenti clandestini o 
            competizioni non autorizzate.”. La 
            legge-quadro sulla caccia (n. 157/1992), all'art. 27), contempla e 
            distingue: alla 
            lettera a) del primo comma, gli agenti dipendenti degli enti locali 
            delegati dalle regioni, cui è 
            riconosciuta espressamente la qualifica di agenti di polizia 
            giudiziaria e di pubblica sicurezza; alla 
            lettera b), le guardie volontarie delle associazioni venatorie, 
            agricole e di protezione ambientale nazionali e presenti nel 
            Comitato tecnico faunistico - venatorio, e quelle delle associazioni 
            di protezione ambientale riconosciute dal Ministero 
            dell'ambiente, alle quali sia riconosciuta la qualifica di 
            guardia giurata ai sensi del T.U. di P.S. La 
            netta distinzione tra le previsione delle lettere a) e b) del primo 
            comma in ordine al riconoscimento della qualifica di agente di 
            polizia giudiziaria porta a ritenere che ai corpi previsti nella 
            lettera b) non possa essere riconosciuta la predetta 
            qualifica. Il 
            secondo comma prevede l'esercizio delle funzioni di vigilanza venatoria anche in capo a ufficiali, 
            sottufficiali e guardie del Corpo forestale di Stato, alle guardie 
            addette ai parchi nazionali, agli agenti ed ufficiali di polizia 
            giudiziaria (tout court), alle guardie giurate comunali, forestali e 
            campestri, ed alle guardie private riconosciute dal T.U. di P.S., 
            oltre che alle guardie zoofile ed ecologiche riconosciute dalle 
            leggi regionali. Sicuramente tutti i 
            soggetti di cui all'art. 27 della legge possono venire a conoscenza 
            di determinate fattispecie di reato, ed in particolare delle 
            contravvenzioni previste e 
            sanzionate dall'art. 30, ma solo per alcuni di tali soggetti viene 
            espressamente riconosciuta la qualifica di agente di polizia 
            giudiziaria, mentre ad altri spetta la qualifica di pubblici 
            ufficiali incaricati di compiti di polizia 
            amministrativa. Tale 
            interpretazione trova ulteriore conforto nel quinto comma dell'art. 
            28, che disciplina i compiti 
            degli organi di vigilanza non esercitanti funzioni di polizia 
            giudiziaria, specificando che: “Gli organi di vigilanza che non esercitano funzioni di 
            polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di 
            denuncia, violazioni delle disposizioni sull'attività venatoria, 
            redigono verbali, conformi alla legislazione vigente, nei quali 
            devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le 
            eventuali osservazioni del contravventore, e li trasmettono all'ente 
            da cui dipendono ed all'autorità competente ai sensi delle 
            disposizioni vigenti.”. Quindi, per quanto riguarda le associazioni volontarie di 
            protezione ambientale o 
            venatoria di cui all'art. 27 c. 1 lett. b), nemmeno in relazione 
            all'esercizio delle funzioni di vigilanza in materia di 
            caccia, può riconoscersi la 
            qualifica di agenti di polizia giudiziaria, mentre non esiste 
            alcuna specifica previsione di legge che attribuisca a tali corpi la 
            medesima qualifica nella prevenzione e repressione dei reati 
            ambientali disciplinati dalle L. 319/76 e D.Lvo 22/97.  Ogni 
            tentativo, poi, di fondare 
            l'esercizio di funzioni di polizia giudiziaria che faccia 
            riferimento al T.U. di P.S. deve ritenersi improprio, in quanto tale 
            normativa disciplina e considera le guardie particolari giurate 
            esclusivamente come investite della tutela della proprietà di enti privati o 
            pubblici (art. 133), con inibizione all'esercizio di funzioni 
            pubbliche (art. 134, quarto comma) e con potere di stendere i 
            verbali in funzione solo accertativa (fino a prova contraria, art. 
            255) e non  certificativa (fino a querela di falso, art. 476
              c.p.). La 
            tesi, qui sostenuta, che nega la qualifica di agenti di polizia 
            giudiziaria in capo alle guardie giurate zoofile - qualifica che, comunque, non le 
            abiliterebbe al 
            sequestro dei mezzi per l'esercizio della caccia, che è attività 
            riservata agli ufficiali di polizia giudiziaria - è 
            stata a lungo seguita, e con costanti pronunciamenti, dalla 
            Suprema Corte di Cassazione. In 
            particolare, nella sentenza n. 613 del 27 febbraio 1995 si afferma che “l'Ente 
            Nazionale Protezione Animali 
            (E.N.P.A.) a seguito del d.P.R. 31 marzo 1979, perduta la 
            personalità giuridica di diritto pubblico, continua ad esistere come 
            persona giuridica di diritto privato, sicché i suoi agenti si 
            presentano come Guardie Giurate volontarie di un'Associazione 
            protezionistica nazionale riconosciuta e ad essi la legge sulla 
            caccia - che ha carattere di specialità rispetto alle norme 
            contenute nel vigente codice di rito penale - conferisce 
            espressamente i poteri di vigilanza e di accertamento indicati nei 
            commi primo e quinto dell'art. 28 legge n. 157 del 1992, ma non 
            anche quello di procedere al sequestro penale previsto dal comma 
            secondo dello stesso articolo, riservato agli agenti ed ufficiali di
              P.G., qualifica che essi non 
            hanno.”. Analogamente, nella sentenza n. 1519 del 27 marzo 1996 si 
            afferma che: “Le guardie 
            zoofile dell'Ente Nazionale Protezione animali, che ha la 
            natura di persona giuridica di diritto privato, non possono in 
            nessun caso assumere la qualifica di ufficiali o agenti di polizia 
            giudiziaria e non possono procedere al sequestro delle armi quando 
            rilevano un'infrazione alla legge sulla caccia in applicazione dei 
            poteri di vigilanza e di accertamento indicati dall'art. 28 comma 
            primo e quinto della legge 11 novembre 1992 n. 157 che la legge 
            conferisce loro.”. In 
            contrasto con il precedente (consolidato) orientamento, nella 
            sentenza n. 6454 del 2 
            febbraio 2006 si afferma l'opposto principio della spettanza della qualifica, sostenendosi 
            che“… la L. 11 febbraio 1992 n. 157 attribuisce espressamente 
            alle stesse i compiti di vigilanza venatoria sulla applicazione 
            della medesima legge, in essi ricomprendendosi il potere ispettivo, 
            quello di controllo della fauna abbattuta o catturata ed il potere 
            di accertamento dei reati, cui 
            è necessariamente collegato il dovere di acquisire gli 
            elementi probatori e di impedire che i reati vengano portati ad 
            ulteriori conseguenze 
            …”). Nella motivazione della 
            sentenza si legge che “il ricorso (proposto dal Procuratore della 
            Repubblica di Salerno avverso ordinanza del Tribunale del 
            riesame, con la quale era stato annullato il decreto di convalida 
            del sequestro delle armi e delle munizioni effettuato da guardie 
            volontarie zoofile in relazione all'art. 30, lettera h) della legge 
            n. 157 del 1992) è “… fondato alla stregua della 
            giurisprudenza di questa Corte secondo cui le guardie volontarie 
            delle associazioni di protezione dell'ambiente riconosciute dal 
            Ministero dell'Ambiente (come il WWF) hanno la qualifica di agenti di polizia 
            giudiziaria "perché la L. 11 febbraio 1992, n. 157, 
            espressamente attribuisce ad esse un compito di vigilanza venatoria 
            <<sulla applicazione della presente legge>>, compreso 
            l'art. 30 relativo alle sanzioni penali (vedi art. 27, lett. D) …”. Tale 
            interpretazione, che in realtà rappresenta un revirement rispetto al precedente 
            orientamento, non può essere 
            in alcun modo condivisa perché parte dall'erroneo presupposto che i 
            compiti affidati alle guardie volontarie venatorie, e in particolare 
            quello di accertare le contravvenzioni previste e sanzionate dall'art. 30 della legge n. 
            175/1992 e di assicurarne le prove, possano essere svolti 
            solo da un ufficiale o da un agente di polizia giudiziaria, mentre (come si è detto) l'art. 27 
            della stessa legge riconosce alle guardie zoofile le predette 
            funzioni di vigilanza in quanto pubblici ufficiali investiti 
            di competenze di polizia amministrativa. D'altra parte, laddove 
            la legge ha ritenuto di attribuire competenze di polizia giudiziaria 
            in materia faunistico ambientale lo ha fatto espressamente. Lo si 
            desume, in particolare, dall'esame della legge 20 luglio 
            2004, n. 189, recante 
            “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli 
            animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti 
            clandestini o competizioni non autorizzate”. Il secondo comma dell'art. 6
              di detta legge dispone, 
            infatti, con molta chiarezza, che: “La vigilanza sul rispetto della 
            presente legge e delle altre norme relative alla protezione 
            degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di 
            affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti 
            prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di 
            procedura penale, alle guardie particolari giurate delle 
            associazioni protezionistiche e zoofile 
            riconosciute”. L'affidamento è, tuttavia, contrassegnato da limitazioni che 
            restringono considerevolmente, al punto da renderla 
            scarsamente rilevante, l'attività di polizia giudiziaria che detti 
            soggetti possono svolgere. Anzitutto, gli agenti delle associazioni, in possesso del 
            solo decreto di nomina rilasciato dalla Provincia, non possono svolgere attività di vigilanza in 
            materia zoofila, senza aver prima richiesto ed ottenuto il 
            decreto prefettizio di nomina, che li abiliti a svolgere i suddetti 
            compiti di vigilanza. Inoltre, l'attività di 
            polizia giudiziaria di tali guardie giurate è limitata alle 
            sole fattispecie penali che riguardino gli animali d'affezione, vale 
            a dire esclusivamente i cani e i gatti. L'estensione, proposta da alcuni, agli “animali da 
            compagnia” comporterebbe una 
            applicazione analogica o estensiva della norma penale, che 
            viola il disposto dell'art. 14 delle disposizioni sulla legge in 
            generale (norma per la quale 
            le leggi penali non si applicano oltre i casi e i tempi in esse 
            considerate). Di 
            conseguenza, il preciso 
            riferimento agli “animali di affezione”, contenuto nell'art. 6 legge 189 del 
            2004, non può che 
            rimandare all'unico testo normativo statale che definisce 
            tali animali, vale a dire alla legge n. 281 del 14 Agosto 1991 “Legge quadro 
            in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo” che appunto 
            prevede solo i cani e gatti quali “animali da affezione” (cfr. art. 2). Sono, del pari, da ritenere non fondate le interpretazioni 
            che attribuiscono all'inciso 
            “con riguardo agli animali di affezione” il significato di “con particolare attenzione, con particolare 
            rispetto”, per sostenere che le guardie giurate abbiano 
            competenza di polizia giudiziaria con riferimento a tutti gli 
            animali, anche se con particolare attenzione a quelli di affezione. 
            Il tenore letterale della 
            norma è ben chiaro e vale a precludere tale ipotesi di 
            interpretazione estensiva, da ritenersi vietata in materia 
            penale (come più volte 
            detto).  In 
            definitiva, l'art. 6, comma 
            secondo della legge 189 del 2004 contiene la limitazione dei poteri 
            delle guardie giurate delle associazioni sotto due profili: - un primo profilo attiene al fatto che tali 
            guardie possono esercitare i poteri di accertamento dei reati, raccolta delle prove e 
            quant'altro, solo con riferimento agli animali da 
            affezione; - un secondo 
            profilo attiene alla nozione di animali da affezione, da intendersi 
            limitata ai soli cani e gatti. Ne 
            consegue l'esclusione, 
            dall'ambito di operatività delle guardie giurate delle associazioni 
            protezioniste e zoofile riconosciute, dell'attività in favore 
            di tutti gli altri animali (che sono - ovviamente - la maggioranza 
            delle specie), compresi quelli che rientrano nel più ampio concetto di “animali da 
            compagnia”. Di 
            tali animali da compagnia si rinvengono, infatti, diverse 
            definizioni, come quella contenuta nel regolamento CEE n. 998 del 
            Parlamento europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003, relativo alle 
            condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere 
            non commerciale di animali da compagnia, ovvero come quella, contenuta nell'Accordo 
            Stato-Regioni, sul benessere degli animali da compagnia e 
            pet-therapy del 6 febbraio 2003. In 
            particolare, ai sensi 
            dell'art. 1 dell'Accordo predetto, il concetto di animale da 
            compagnia è certamente più ampio di 
            quello di animale d'affezione. Ai sensi del comma 2 - lettere a) e 
            b) di tale articolo 1, è "animale da compagnia ogni animale 
            tenuto, o destinato ad essere 
            tenuto, dall'uomo, per compagnia o affezione senza fini 
            produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all'uomo, come il 
            cane per disabili, gli 
            animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella 
            pubblicità” (lettera a), con l'ulteriore precisazione che “gli animali selvatici non 
            sono considerati animali da compagnia” (lettera b). 
             Ad 
            ulteriore conforto dell'interpretazione letterale che limita i poteri di polizia 
            giudiziaria delle guardie giurate ai soli animali da affezione (cani 
            e gatti), si possono ricordare i lavori parlamentari. Invero, gli 
            emendamenti intesi ad ampliare tali poteri sono stati bocciati. La 
            qual cosa fa ulteriormente propendere per una interpretazione 
            restrittiva della disposizione in questione, l'unica peraltro che consente di delimitare, 
            in modo inequivoco, i limiti effettivi posti dalla legge in esame ai 
            poteri di vigilanza delle guardie volontarie 
            giurate. Interpretazioni più estensive, non supportate tuttavia da 
            precisi riferimenti contenuti 
            in leggi statali, esporrebbero detti soggetti ad ipotesi di 
            usurpazione di funzioni, penalmente sanzionate dall'art. 347 del codice penale, 
            che punisce, con la reclusione fino a due anni, “… chiunque usurpa una funzione pubblica 
            o le attribuzioni inerenti a un pubblico impiego 
            …”. Potrà, peraltro, accadere che le guardie giurate delle 
            associazioni, legittimate a svolgere attività di polizia 
            giudiziaria solo per “animali da affezione”, siano chiamate a collaborare, 
            quali ausiliari ex art. 139 T.U. di P.S., da parte degli agenti e 
            ufficiali di pubblica di sicurezza o di polizia giudiziaria, per l'accertamento dei reati che coinvolgano animali diversi. In 
            tal caso, le guardie giurate delle associazioni saranno tenute, per 
            preciso obbligo di legge, ad ottemperare a tutte le richieste alle 
            stesse rivolte. Una 
            previsione legislativa che consente una autonoma attività per tali 
            guardie giurate, sia pure di contenuto limitato, ma comunque per la 
            tutela di animali diversi dagli animali da affezione (cani e gatti), 
            può - tuttavia - 
            rinvenirsi nell'art. 331 del codice di procedura penale 
            “Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio “. 
             La 
            norma prevede che qualora i pubblici ufficiali (357 c.p.) e gli 
            incaricati di un pubblico servizio (358 c.p.) (categorie nelle quali 
            in ogni caso rientrano le 
            guardie giurate delle associazioni), nell'esercizio o a causa delle 
            loro funzioni o del loro servizio, acquisiscano notizia di un 
            reato perseguibile di ufficio, debbono farne denuncia per iscritto, 
            anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato 
            è attribuito; la denuncia è presentata o trasmessa senza 
            ritardo al Pubblico Ministero o ad un ufficiale di polizia 
            giudiziaria (107 att. e 221 coord. c.p.p.).  In 
            tale ipotesi, la guardia giurata dell'associazione protezionista o 
            zoofila che prenda notizia di un fatto penalmente rilevante e 
            perseguibile d'ufficio è obbligata ex art. 331 c.p.p. a presentare 
            denuncia alla Procura della Repubblica ovvero ad un ufficiale 
            di polizia giudiziaria. Quanto al contenuto 
            della denuncia esso, così come indicato dall´articolo 332 del codice 
            di procedura penale, è costituito dalla esposizione degli elementi essenziali del 
            fatto nonché, quando è possibile, dalle generalità, dal domicilio e 
            da quanto altro possa portare alla identificazione della persona 
            alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro 
            che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la 
            ricostruzione dei fatti Per 
            tale ragione si può ritenere che un minimo nucleo di elementi di prova del reato che 
            coinvolga animali diversi dagli animali d'affezione possa costituire oggetto di denuncia anche da 
            parte delle guardie giurate delle associazioni zoofile e 
            protezioniste riconosciute. Per 
            completezza va ricordato che tutti i reati di cui alla legge 189 del 2004 sono 
            perseguibili d'ufficio, restando a perseguibile a querela solo 
            l'ipotesi, ormai residuale, dell'art. 638, primo comma, 
            c.p. (uccisione o danneggiamento di animali altrui). 
             Può affermarsi, 
            conclusivamente, che le guardie volontarie (compreso quelle delle 
            associazioni deputate alla vigilanza venatoria previste dalla legge 
            statale sulla caccia), in regola con il decreto prefettizio, con 
            riferimento allo specifico settore concernente la tutela 
            degli animali d'affezione (cani e gatti), possono svolgere 
            attività di vigilanza zoofila e hanno, riconosciuta la 
            qualifica di ufficiali o di 
            agenti polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 57, comma terzo, 
            c.p.p. Riassumendo, al quesito posto dal coordinatore  delle 
            guardie ecologiche della Provincia di Pesaro e Urbino, pare corretto 
            rispondere che alle guardie volontarie zoofile spetta la qualifica 
            di ufficiale o agente di polizia giudiziaria con competenza speciale 
            o settoriale limitatamente ai compiti effettivamente loro affidati 
            dalla legge  n. 189 del legge 20 luglio 2004, recante 
            “Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli 
            animali, nonché di impiego 
            degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non 
            autorizzate”, mentre la predetta qualifica non spetta per le 
            funzioni di vigilanza attribuite dalla n. 157 della legge 11 
            febbraio 1992, c.d. legge-quadro sulla caccia.  La 
            diversità delle conclusioni raggiunte evidenzia come il quesito non possa essere 
            risolto in base al conferimento di compiti di vigilanza in materie 
            nelle quali sono previste fattispecie di reato. È 
            assolutamente necessario tener 
            conto delle leggi statali disciplinanti dette materie. Quando la 
            legge ha ritenuto di attribuire compiti di polizia giudiziaria in 
            materia faunistico-ambientale lo ha fatto espressamente. 
            L'interpretazione formalista è anche rispettosa delle garanzie del cittadino, 
            considerato che si tratta di potestà di particolare cogenza, il cui 
            esercizio può incidere, in 
            modo diretto ed irreversibile, su beni primari come la 
            libertà di movimento, di autodeterminazione e quella di 
            riservatezza. È, in ogni caso, da escludere che tali poteri 
            possano essere conferiti in 
            base a normative regionali o locali, vertendosi in materia di 
            esclusiva competenza statale. 
 
 Ancona, lì 27 febbraio 
            2007 
 Il Sostituto Procuratore Generale dott. Manfredi 
            Palumbo 
 
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